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Quale è la soddisfazione più grande di un'insegnate se non quella di vedere i progressi dei propri allievi? Infatti solo il progresso degli allievi può darti la misura della qualità del tuo insegnamento. Che frustrazione quando vedi che spieghi e nessuno capisce, che nessuno riesce a realizzare quello che vorresti! Che gioia però quando uno, anche solo uno, riesce e realizzare il movimento come volevi! Immaginatevi quindi cosa posso aver provato al rientro delle mie lunghe vacanze trovando un gruppo di 4 delle mie 'anziane', che si erano allenate tutta l'estate e ricordavano ed eseguivano la forma 13 in maniera più che accettabile. Una gioia indescrivibile! E non provate a dirmi che 4 persone su una cinquantina, il numero dei miei allievi anziani dello scorso anno, sono una piccola percentuale! Sono ben quattro individui che si sono impegnati, hanno studiato e sono riusciti! Questo vuol dire che non solo sono riuscita a trasmettere la forma, ma soprattutto a comunicare il mio amore per il taijiquan. Solo la passione per una disciplina non facile può permetterti di apprenderla! E immaginatevi come erano contente loro quando mi hanno mostrato i loro progressi!
Dovevo assolutamente premiarle. Hanno cominciato col dire che un euro a lezione, l'obolo simbolico stabilito come compenso mio e impegno loro, era troppo poco e volevano 'pagare di più'. Non mi è sembrato un vero premio, e ho proposto loro la forma lunga. A questo punto si sono trasformate in scolarette della scuola di base, occhi brillanti, gridolini e risatine e abbracci, tanti abbracci che se non fossi stata contenta come loro, mi sarei sentita imbarazzata. Era fine estate, la stagione della riflessione, quando con questo gruppo diciamo di 'avanzati' abbiamo iniziato a studiare la forma lunga e ora, fine inverno, grazie alla padronanza acquisita precedentemente in un anno di studio della forma 13 e alla volontà stimolata dalla buona disposizione della stagione, abbiamo terminato la prima parte. L'entusiasmo non è diminuito, anzi se possibile addirittura aumentato, tanto che continuano a vedersi con scadenza regolare anche senza di me e due di loro, le più preparate, si sono addirittura offerte di seguire il gruppo dei principianti dando un'ora alla settimana del loro tempo per aiutarli.
Allenandosi con i principianti e aiutandoli ad affrontare le difficoltà che esse stesse hanno avuto e
che in parte ancora hanno, riescono sempre meglio ad eseguire le varie posizioni e ad approfondirne il
significato. Questo mi permette di affrontare con relativa tranquillità le difficoltà di posizione e
di equilibrio insite nella seconda parte con persone di 70 anni ed oltre, confidando anche sulla
fantasia, propria dell'inizio primavera.
L'entusiasmo del gruppo delle avanzate è un balsamo per tutto il centro anziani e ogni lezione trovo
nuove persone che vogliono iniziare lo studio del taijiquan.
Il centro anziani addirittura ha aumentato il numero degli iscritti, persone che arrivano attirate
dalla nuova attività offerta e che poi cominciano a frequentare anche le attività tradizionali,
persone spesso che hanno recentemente perso il coniuge, che hanno i figli magari in un'altra città e
che in questo modo escono dal loro isolamento, fanno nuove amicizie e riacquistano voglia di vivere.
Insegnare il taijiquan agli anziani per me è stata ed è un'esperienza molto bella, diversa dallo
insegnare ad un pubblico normale, che dà cose differenti. L'anziano in quanto tale è portatore di
conoscenze profonde, ha vissuto di più, ha sperimentato di più, è passato attraverso i vari stadi
della vita e per questi motivi, se giustamente valorizzato, dà di più in sapere e saper vivere. Basta
saper ascoltare. Dietro ogni anziano c'è una vita vissuta e nell'attuale c'è più tempo per
trasmetterne i valori acquisiti. Le donne in paricolare, stimolate in modo appropriato e valorizzate,
non lasciate a se stesse nell'abbandono nevrotico della vita moderna a far niente, riescono a
valorizzare questa loro seconda vita per riprodurre le idee, dopo che hanno nella prima vita
riprodotto i corpi.
Il nuovo fermento del centro anziani, oltre alle gioie per i risultati ottenuti e per l'aumento dei
praticanti, mi ha anche portato una nuova allieva di origine cinese, che ora ha tempo per potersi
dedicare allo studio della calligrafia cinese, abbandonato nell'affanno della vita e che si è offerta
di aiutarmi nell'apprendere questa meravigliosa arte. Dopo la lezione di taijiquan ci sediamo,
tiriamo fuori i nostri pennelli, il calamaio, la stecca di inchiostro solido e mentre prepariamo
l'inchiostro ci lanciamo nelle similitudini fra le posizioni del taijiquan e la disposizione dei
caratteri cinesi nel loro quadrato di riferimento, fra l'armonia dei movimenti e delle pennellate,
fra le difficoltà di eseguire correttamente le posizioni e di scrivere in modo armonioso e corretto.
Quando io trovo difficoltà a tracciare un carattere o lei ad eseguire un movimento, a vicenda ci ricordiamo le similitudini tra le due arti e ci incitiamo a non scoraggiarci, ma ad avere pazienza e perseveranza.
Tutto questo ha anche modificato il mio modo di insegnare agli allievi cosiddetti normali. Insegnando
agli anziani ho dovuto giocoforza concentrarmi su ogni movimento per poterlo comunicare in modo chiaro
e dare un'indicazione sulla possibilità di esecuzione, cosa non sempre necessaria, almeno in apparenza,
con giovani praticanti dai corpi agili. Ad esempio il lavoro di gambe di Girarsi e colpire col pugno
l'ho dovuto spezzettare indicando punto per punto il punto di concentrazione del peso e il suo
spostamento, perché non è semplice per gambe che tanto hanno camminato, che si sono un po'
arrugginite, passare da un passo pieno verso est ad un passo pieno verso ovest, con una rotazione
globale del corpo di 180°! Ma che soddisfazione quando riesce!
(Roberta, 11/2/2005)